sabato 9 maggio 2015

Stagione 2014-15: niente di nuovo sul fronte influenzale





Si è praticamente conclusa la stagione influenzale, con i dati e i grafici che mostrano una discesa dei vari indici al di sotto delle soglie di allerta. Nell' ultimo bollettino i valori relativi all'incidenza delle ILI sono scesi al di sotto del 2 x 1000 nella popolazione pediatrica, ad indicare un livello di circolazione molto basso che segna la fine dell'attuale stagione, anche se va tenuto presente che i virus influenzali non ci lasciano del tutto, perché una minima circolazione si registra anche in altri periodi dell'anno. All'inizio della stagione abbiamo riportato le previsioni su quello che si sarebbe verificato e l' attesa era in generale per un periodo senza grandi scosse. Non è stato proprio così, come abbiamo già discusso a gennaio sulla base delle prime settimane in cui si è assistito ad un ritorno impetuoso quanto inaspettato del virus H1N1, proprio quello della pandemia prima gonfiata e poi derubricata a semplice variante delle epidemie tradizionali. Ma in realtà non era un virus stagionale quello del 2009 come non lo è stato nel corso della stagione successiva e, a ribadirlo nuovamente, non è stato così neppure in questo – ultimo? - colpo di coda.
 Le prime notizie giungono dalle cronache dei giornali, che nel Veneto e in Puglia hanno cominciato a segnalare diversi casi gravi che colpivano persone non proprio attempate e con forme di severità tali da determinarne il ricovero in unità di terapia intensiva e, nei casi più gravi, il trasferimento presso centri di cura specialistica che dispongono di macchinari salvavita, l'ECMO, un tempo sconosciuto e adesso, meraviglie dell' evoluzione della lingua, parte del nostro lessico quotidiano ...! A partire dalla 3a settimana del 2015 è iniziata, a cura della testata Epicentro, la pubblicazione del bollettino ufficiale relativo alle segnalazioni dei casi gravi e dei decessi che progressivamente affluiscono da tutta Italia, così come avviene già da tempo nella maggior parte dei paesi europei, in America e in diverse altre parti del globo. La rubrica si chiama Flunews e fornisce in un unico documento i resoconti sul numero di ILI, sugli accesi al pronto soccorso e sulla raccolta dei casi gravi, che in base ad una direttiva europea fatta propria dal nostro ministero e diramata presso tutti i centri ospedalieri, devono essere segnalati alla nostra sede istituzionale. Lo scopo è quello di monitorare quadri che sono tipici, anche se non esclusivi, di un virus maggiormente aggressivo nei confronti di persone che non sono normalmente vittime dei classici virus influenzali, vale a dire i soggetti di età tra i 40 e i 60 anni, più spesso con ma anche senza fattori di rischio. E' questa un'informazione fondamentale che dovrebbe servire non solo agli amministratori della salute per decidere un impiego razionale delle risorse umane e materiali per gestire al meglio le situazioni critiche e mettere eventualmente in campo misure straordinarie a livello di organizzazione sanitaria ma anche a rendere consapevole l'opinione pubblica sui rischi connessi alla malattia e sulle misure da prendere per garantirsi una migliore protezione individuale. I casi, settimana dopo settimana, sono saliti come una marea montante che non si sapeva fin dove sarebbe potuta arrivare. C'era da allarmarsi? No, calmi tutti, non c'è nulla di nuovo...

In Italia l' influenza è sinonimo solo di un malanno di stagione che si limita ad affollare gli studi dei medici ma che non rappresenta un vero pericolo se non per le persone affette da gravi patologie antecedenti, vale a dire per quelli con un piede già nella fossa. Se nei giornali ci si riferisce a qualche malcapitato finito in rianimazione o peggio ancora deceduto in conseguenza dell' infezione, il titolo spesso riporta soggetto gravemente malato per “quella che sembrava (!) una banale (!!) influenza”. L' influenza, di per sé, non può essere cattiva. Purtroppo ad alimentare questa visione superficiale è spesso l'informazione di stampo ufficiale, che tende a minimizzare quelli che sono i rischi reali, con lo scopo di non allarmare eccessivamente la popolazione, ma con il risultato che viene meno la presa di coscienza di quali siano i veri pericoli. Nella letteratura scientifica di impronta anglosassone, in particolare americana, già dagli anni 60-70 sono fioriti diversi studi che hanno messo in luce le ricadute della malattia, che vanno ben oltre gli effetti che noi vediamo in superficie e che riteniamo essere gli unici a caratterizzare le manifestazioni della patologia e che si estrinsecano in quadri, quali patologie settiche-invasive ( polmoniti complicate – meningiti), cardiologiche ( ictus e infarti) morti improvvise e fulminanti, che mascherano la reale causa che li ha determinati, a cui si riesce a risalire grazie a studi che inizialmente erano solo di tipo epidemiologico e statistico ma che in questi ultimi anni stanno ricevendo sempre più riscontri di tipo clinico e patogenetico. Il virus H1N1 ha dato una sua impronta peculiare alle epidemie di questi ultimi anni, dimostrandosi estremamente pericoloso per categorie di persone che normalmente vengono solo marginalmente interessate dalla malattia e che avrebbero dovuto essere oggetto di campagne mirate di informazione. Ma purtroppo non è stato così. Così come è avvenuto nel corso delle prime stagioni pandemiche, anche in quest'ultima le dichiarazioni ufficiali hanno cercato di sminuire la portata degli avvenimenti, sostenendo il messaggio di una stagione “non dissimile” rispetto alle precedenti... più avanti analizziamo su che cosa si è basato questo assunto.

Nelle ultime settimane l' attenzione nei confronti di questo tema è notevolmente scemata, come è tradizione che avvenga da noi. Le emergenze fanno notizia fintanto che non vengono lasciate alle spalle, superate magari da altre emergenze, come quella relativa ai casi di meningite in Toscana, senza che se ne tragga una lezione che possa servire per il futuro.

Qualche indicazione dovrebbe venire dai bilanci di fine stagione, ma chi si aspetta di avere una disanima di quanto successo e delle indicazioni sulle strade future da intraprendere, è destinato a restare deluso. Sul sito di Epicentro è uscito un articolo di commento sull'andamento della stagione, a cura del dott. Antonino Bella del reparto Epidemiologia delle malattie infettive, Cnesps-Iss. L' articolo è stato rilanciato da qualche testata giornalistica, come ad esempio sul sito Wired che lo fa con un titolo certamente di effetto - è finita una delle peggiori epidemie degli ultimi anni - ma che appare poco in sintonia con il contenuto che viene proposto. Anzichè fornire un approfondimento su quelle che sono state le effettive ripercussioni sul piano della sanità pubblica dell'epidemia di quest'anno e su quali siano state le reali cause che hanno portato a questa situazione, ci si limita a snocciolare una serie di cifre che sono ben lungi da dare ad un lettore non smaliziato la misura di una stagione così grave e che non possono riflettere la gravità di una stagione contraddistinta da un elevato carico per le nostre strutture sanitarie, in molti casi messe alle corde da un vero e proprio assalto di ammalati e costrette a cercare soluzioni improvvisate per il reperimento di posti letto e dall'impatto drammatico sulla vita delle persone e delle loro famiglie. Lo scopo della divulgazione di argomenti di interesse pubblico, tra cui rientrano a pieno diritto quelli di ambito sanitario, dovrebbe  essere quello di fornire un' informazione corretta, trasparente, non allarmistica ma neppure reticente su argomenti che riguardano beni primari come quelli relativi alla salute, senza usare un linguaggio eccessivamente tecnico ma anche senza omettere tutti gli elementi utili a stimolare un momento di riflessione che può indirizzare verso scelte giuste per il domani. Purtroppo, nel caso dell'influenza, questo avviene raramente.


Nel documento citato si parte con il numero assoluto di casi che, ci viene detto, è stato pari a 6, 3 milioni. Si tratta di un dato certamente significativo, anche se andrebbe in realtà specificato che non tutti sono dovuti all' influenza perché, sotto la generica dicitura di ILI, si possono nascondere quadri di diversa eziologia, ma l'influenza ne rappresenta una quota significativa. Lo si ricava dai dati di sorveglianza virologica che documentano come quest'anno la percentuale di tamponi positivi sia risultata molto elevata, con un picco del 49,6% alla 6a settimana di picco e al di sopra del 30% per 8 settimane consecutive. Va anche tenuto presente che molti casi sfuggono a questo tipo di sorveglianza, perché una parte consistente o è asintomatica o ha sintomi non così gravi da richiedere un consulto medico, ma contribuiscono a mantenere alti i livelli di virus circolanti e ad allargare il rischio per i soggetti più esposti a complicazioni. Numeri così elevati non si registravano dal 2010-11, che è stata un' altra stagione dominata dal virus H1N1, superati come entità solo dalla prima stagione pandemica e dalla stagione 2004-05.

Quello che si è verificato quest'anno e che le nude cifre non riescono ad esprimere è una morsa micidiale tra i due virus che stanno dominando le ultime stagioni, con un virus H3N2 in veste rinnovata e non coperto dal vaccino proposto quest'anno e che in varie parti del mondo, quelle in cui almeno esiste una sorveglianza degna di questo nome, ha dimostrato di avere un impatto notevole sulla popolazione anziana e il virus H1N1 che mantiene pressoché immutata, pur a distanza di 5 anni, la sua pericolosità nei riguardi dei soggetti più giovani, soprattutto quelli della fascia tra i 40 e i 60 anni.

Il virus prevalente in Italia è stato proprio quest' ultimo, soprattutto nella prima parte della stagione e più in alcune regioni rispetto ad altre. Veneto, Friuli, Trentino, Toscana, Puglia sono le regioni che hanno visto una percentuale maggiore di presenza del virus pandemico, mentre in altre regioni, come Liguria, Piemonte, Lazio, Sardegna  c'è stata una prevalenza del virus H3N2, che ha caratterizzato maggiormente la seconda parte della stagione. Verso la fine, come è ormai tradizione, ha fatto capolino il virus B, isolato in  percentuale significativa nel Lazio e nell'Umbria.
 Ma l'aspetto saliente della stagione sono i casi gravi e i decessi registrati ufficialmente, che vengono riportati nell' articolo su Wired, ma senza ricevere il risalto che meriterebbero. A parte l' errore di trascrizione, in realtà non sono stati 485 e 165 ma  648 e 163, 
viene omessa l' informazione fondamentale su quanti siano da attribuire all' uno e all' altro virus, facendo un minestrone che finisce per annacquare quello che è stato l'elemento maggiormente caratterizzante della stagione. E' stato il virus pandemico il principale responsabile del gran numero di casi gravi e dei decessi registrati quest' anno: all' incirca l' 80% dei primi e il 75% dei secondi sono da attribuire al virus H1N1, mentre una quota nettamente inferiore è dovuta al virus H3N2 e al virus B. Per comprendere in maniera chiara la portata di questi numeri bisogna fare un confronto con quello che è successo nelle stagioni precedenti. Giunge a proposito la pubblicazione del settimanale Flunews che nel 2014, sia pure con notevole ritardo, ha iniziato a rendere pubblici questi dati e, se facciamo un confronto con il bilancio di casi gravi e decessi riportati a fine stagione, abbiamo la misura di quanto sia stata effettivamente severa quella appena terminata. Alla 17a settimana  del 2014, che corrisponde come numerazione all' ultimo bollettino di quest' anno, i casi gravi sono stati 93 e i decessi 16. L' aumento è stato del 700 e del 1000% rispettivamente. I casi gravi non si riferiscono  a  broncopolmoniti che si risolvono con dieci giorni di antibiotico ma, come riportato nella circolare  che il ministero invia ogni anno ai centri periferici, a quei pazienti con quadri di gravi infezioni respiratorie acute (SARI) o sindromi di distress respiratorio acuto (ARDS) che richiedono trattamento in terapia intensiva (UTI) o che vengono sottoposti a circolazione extracorporea (ECMO). Teniamo presente che al di là dei numeri ci sono drammi di persone, comprese le loro famiglie, che mai avrebbero creduto di dover soccombere ad una “banale” influenza. Va inoltre considerato che i decessi rappresentano solo la punta dell'iceberg rispetto a quelli che effettivamente si verificano, perchè molte morti sfuggono al riconoscimento e vengono attribuite ad altre cause. Quelle di quest'anno sono cifre importanti che dovrebbero essere messe in risalto e che dovrebbero spingere a delle serie riflessioni su che cosa è mancato in termini di preparazione e su quali lezioni si possano trarre per il futuro. Si è puntato invece al messaggio di una stagione normale, “non dissimile” rispetto alle precedenti e vediamo adesso con quale espediente.



Nei primi bollettini di Flunews pubblicati a partire dalla settimana n. 4 del 2015 veniva dichiarato che “ l'andamento di casi gravi e di decessi ...appare del tutto sovrapponibile a quanto osservato nelle stagioni precedenti, con molte similitudini con la stagione post-pandemica 2010-11”. Questo ritornello, con lievi varianti, è stato ripetuto fino all'ultimo bollettino. Quello che non viene reso esplicito è che la stagione 2010-11 non è stata una delle tante stagioni di influenza che si alternano nel corso degli anni con un andamento più o meno severo, ma è stata fortemente condizionata da un' ondata severa di influenza H1N1, per certi aspetti superiore alla prima stagione pandemica, con un bilancio di malati critici e di casi fatali che è risultato elevato, a dispetto delle dichiarazioni ufficiali di inizio stagione che avevano preconizzato un “ritorno alla normalità” e dei maldestri tentativi di minimizzare la portata degli eventi. Il virus H1N1 non è mai stato e non è neppure oggi una semplice variante dei virus stagionali poiché determina quadri clinici e colpisce fasce di persone molto diversi rispetto al virus H3N2 o al virus B. Non si può parlare degli avvenimenti epidemiologici di questi ultimi anni senza tenere presente questo aspetto fondamentale: durante le normali epidemie di virus stagionali, quelle che si sono susseguite fino al 2008, quasi mai si erano verificati casi di questa gravità in soggetti giovani, quasi mai si era sentito parlare di ECMO, quasi mai di giovani donne gravide ridotte in fin di vita da un “innocuo” virus influenzale, quasi mai di bambini deceduti con forme fulminanti. Dire che questa stagione è in linea con le precedenti è come affermare che la mortalità che si registra in tempo di guerra è uguale alla mortalità del tempo di pace. Se in quello che si definisce un tempo di pace muoiono tanti soggetti giovani quanti morivano durante il periodo di guerra significa che in realtà la guerra non è finita, nonostante le dichiarazioni contrarie della narrativa ufficiale. Di più, si vuole far credere che la guerra non sia mai  iniziata e, a riprova di questa tesi, si confrontano i decessi di quest'anno non con gli anni di vera pace ma con quelli di un periodo in cui imperversava sempre il virus H1N1. E tutto questo  per giustificare la mancata assunzione di responsabilità nei confronti dei tanti caduti di questa guerra mai dichiarata, la cui colpe devono ricadere non in chi li ha esposti alle insidie del nemico senza avvisarli del pericolo che correvano ma nelle stesse vittime ignare, ree di non aver dato retta alle generiche raccomandazioni di circostanza che un comandante rivolge ad una recluta che parte per quella che crede una normale esercitazione militare e che si ritroverà ad essere invece in prima linea sul fronte....

E così nell' articolo di Wired, dopo aver presentato una serie di dati che poco possono dire se estrapolati dal loro contesto, si arriva alla conclusione, corroborata dal parere degli esperti, che quest'annata terribile sia solo il risultato di un aumento dell' incidenza  nei soggetti anziani a rischio e della scarsa fiducia nella vaccinazione.

Ma non diamo la colpa al giornalista di Wired o a quelli di altre testate se la confusione sull'argomento regna sovrana.










1 commento:

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