domenica 8 febbraio 2015

Le Due Città


Vi propongo un racconto che ho scritto nel 2009, sotto la spinta delle emozioni suscitate in me dall' attesa dell' arrivo della nuova pandemia. Adesso consideratelo come una riflessione sulla natura umana, che in ogni epoca passata e presente è sedotta da sentimenti di onnipotenza  e dalla mancata accettazione dei suoi limiti e sulla gestione superficiale delle emergenze da parte delle pubbliche autorità.


LE DUE CITTA’



In un ‘ epoca indefinita di un lontano passato, ai piedi di un vulcano da cui si alzava un  perenne pennacchio di fumo, scorreva placida la vita di due città. Una si chiamava la Città Del Sole e si affacciava su un bel mare turchino, mentre l’ altra aveva nome Città Della Luna ed era abbarbicata nell’ entroterra. La prima prosperava per merito dei commerci marittimi e, grazie alle cospicue entrate da questi garantiti, aveva un livello di vita decisamente elevato. La seconda, la cui economia si basava sul duro lavoro della terra e sulla pastorizia, concedeva ai suoi abitanti una vita più frugale, ma non per questo meno felice rispetto alla potente città vicina.

Vanto della Città Del Sole, svettavano nel  cielo alti palazzi e importanti edifici pubblici, sede delle autorità locali e delle importanti corporazioni dei commercianti, degli armatori e delle maestranze. Inoltre poteva offrire all’ ammirazione dei visitatori, che qui accorrevano numerosi attratti dalla sua fama e dalle sue fortune, delle grandi costruzioni adibite ai commerci, al culto, agli spettacoli e perfino un grosso centro termale. Nei suoi bacini di acque tiepide si poteva dare conforto al fisico stanco ma anche sollievo, si diceva, ai molti malanni che colpivano le genti di allora come quelle dei nostri giorni. La Città Della Luna, invece…beh, avete già capito, non poteva esibire nulla di simile e, uniche costruzioni che si distinguevano dall’ insieme di casupole umili e amorfe  erano il piccolo tempio e la casa del Reggente, che era la principale autorità.

Elemento comune alle due città era il grande vulcano, che si ergeva maestoso e destava costante ammirazione negli abitanti dell’ una come dell’ altra città. Qualcuno ne aveva anche timore, perché si tramandavano storie di morte e distruzione, ma avvenute in epoche così lontane, che si poteva dubitare che non si trattasse di leggende e di storie più adatte a spaventare i bambini che ad impensierire gli adulti. Per la verità, in un periodo più recente, era fuoriuscita una colata di materiale incandescente che aveva destato preoccupazione, tanto che squadre dell’ una come dell’ altra città erano state inviate ad osservare l’ evento, ma il fenomeno si era arrestato dopo breve tempo limitandosi a demolire con alte fiamme un vecchio casolare abbandonato a ridosso del cratere.



Una mattina, gli abitanti della regione si svegliarono di soprassalto, perché delle forti scosse avevano fatto tremare le abitazioni. Usciti in maniera precipitosa dalle  case, rimasero ancora più atterriti, perché il cielo risultò coperto da una spessa coltre di fumo, che riusciva ad oscurare perfino il sole all’ orizzonte. Il vulcano, fino al giorno prima sonnacchioso e  pacifico, si rivelò subito all’ origine dei terribili fatti.  Una grande paura si impossessò degli abitanti e  riaffiorarono i ricordi degli antichi racconti.  Si temeva di essere alle soglie di un evento spaventoso e foriero di conseguenze drammatiche per tutto e per tutti. Nella Città Del Sole, in fretta e furia, venne convocato il grande consiglio delle autorità e dei saggi della comunità, presieduto dal Reggente Magnifico. Sull’ onda dell’ emozione suscitata dall’  evento, si alzarono molte voci che chiedevano di disporre un’ evacuazione immediata della città. Ad esse si contrapponevano le posizioni di chi invitava alla prudenza e all’  attesa di successivi eventi. E’ meglio, sostenevano questi ultimi, valutare in modo più ponderato e non prendere decisioni affrettate. Nel frattempo, la coltre di fumo si era incredibilmente dissolta e il sole era tornato a splendere alto sulla città. Nuove scosse non se ne avvertivano più. A quel punto prese la parola  il  Reggente Magnifico che pronunciò il seguente discorso: onorevoli saggi e  ministri, rappresentanti del clero, delle forze imprenditoriali e delle maestranze  di codesta grande ed illustre città,  io reggente più volte confermato alla guida di questo grande consiglio, condivido la preoccupazione sollevata da molte autorevoli voci, ma vi esorto a riflettere che chi amministra una città come la nostra, che ha un ruolo strategico nei traffici e nei commerci che fanno della nostra nazione una delle più prospere della terra, ebbene chi governa codesta città deve prendere decisioni improntate alla responsabilità e alla prudenza. Un brusio di approvazione si diffuse nella grande aula consiliare. E’ vero, riprese il Reggente Magnifico, che i nostri vecchi ci tramandano storie di tempi antichi che parlano di eventi luttuosi e catastrofici, ma non dimentichiamo che a quei tempi la società non aveva il nostro livello di sviluppo e non disponeva delle risorse tecniche e della capacità di realizzare grandi opere. Se dal vulcano dovesse fuoriuscire ancora quel materiale incandescente, come è successo negli anni passati e dovesse produrne in grande quantità, in misura tale, vi dico, da poter minacciare la nostra grande città, vi assicuro che i nostri genieri e le nostre squadre di operai, tecnicamente preparati e ben organizzati, riusciranno a erigere dei grandi muraglioni  e a scavare profondi valloni che saranno in grado di arrestare o convogliare la materia incandescente lontano dalla città. Di più, nell’ eventualità di un pericolo più incombente, vi ricordo che disponiamo di una delle più grandi flotte di navi, tutte moderne e veloci, che permetteranno a tutti i nostri cittadini di essere salvati, sempre nell’ eventualità che si verifichino fatti di maggiore gravità. Aggiungo che le leggi emanate dal nostro governo nazionale, non ci consentono di prendere decisioni così impegnative,  come l’ evacuazione della città, senza prima interpellare le nostre somme autorità centrali. A quel punto, dopo un iniziale silenzio, si alzò un grande applauso che si diffuse in tutti gli angoli della grande sala, mentre le voci di dissenso si fecero più sommesse e vennero presto zittite dalla corale approvazione ad un  discorso così autorevole e  ben argomentato.

Venne pertanto deciso di inviare delle squadre di tecnici ad ispezionare la sommità del vulcano e degli emissari alla  Città Della Gloria, capitale del regno. A questo punto si pose il problema di cosa dire alla popolazione, che fuori dal palazzo rumoreggiava e attendeva le decisioni del consiglio riunito. Si stabilì che, per motivi di ordine pubblico, venissero tenute nascoste tutte le notizie relative ai possibili pericoli e la gente venisse rassicurata che tutto era sotto controllo. La maggior parte della popolazione accolse di buon grado le notizie che  furono divulgate anche perché, più della paura del vulcano, fece leva sui loro cuori la reticenza ad  abbandonare i loro averi e i loro possedimenti. Si ebbe a segnalare solo qualche singola persona  che raccolse le sue cose e partì alla volta di altre mete.

Nel frattempo, nella Città Della Luna avevano luogo più o meno gli stessi accadimenti. Si riunì il consiglio, presieduto dal Reggente e composto dagli anziani e dai rappresentanti dei coltivatori e dei pastori. La situazione era migliorata e anche in questa assemblea le posizioni non erano unanimi, con due distinte fazioni che si davano battaglia con toni molto accesi, per cui dovette alzarsi il Reggente che, dopo aver invitato tutti alla calma, si accinse a pronunciare il proprio discorso. Ci fu un lungo momento di silenzio, dopo di che si udirono le seguenti parole: stimatissimi anziani e pregevoli rappresentanti, la decisione che nella veste di capo dell’  assemblea mi spetta di prendere  è gravida di conseguenze, sia che sposi l’ una o l’ altra tesi. E’ vero, come hanno sostenuto alcuni dei presenti, non vi è traccia nella memoria, sia  nostra  sia delle generazioni che ci hanno preceduto, di grandi sconvolgimenti provocati  dall vulcano che domina la nostra regione. Esistono solo antiche storie, ma non si sa quanto si  possano ritenere veritiere. E’ però altrettanto vero che il nostro vulcano non ha mai dato segni di agitazione e di turbolenza così grandi come quelli che si sono verificati in questa giornata, che incutono paura nei nostri cuori e possono essere presaghi di future sciagure. La decisione di abbandonare le nostre case è dura da accettare, in quanto significherà lasciare incustoditi i nostri beni, i nostri campi e i nostri animali per un tempo che non si può prevedere quanto possa essere lungo, ma ritengo che la vita della nostra gente sia un bene più prezioso dei loro averi e che vada preservata a prescindere di quelle che saranno le conseguenze, buone o cattive, che gli eventi futuri ci riserveranno. Mi assumo pertanto la responsabilità di ordinare l’ immediata evacuazione della città e che siano mandati banditori in tutte le nostre contrade ad avvisare la popolazione del grave pericolo che ci minaccia.  Tutti devono essere invitati a lasciare la nostra terra e a farlo nel più breve tempo possibile, portando con sé il minimo indispensabile affinché non si abbia impedimento alcuno che rallenti la marcia. 

Pur con qualche malumore e qualche defezione, la gente della Città Della Luna iniziò a formare lunghe colonne silenziose, che intrapresero la via che portava verso un ignoto destino. In lontananza si udivano gli echi di una grande festa organizzata nella Città Del Sole quando, dalle viscere della terra, cominciò a salire  un rombo sordo che scosse gli animi di chi era partito e di chi era restato.










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